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La Privacy: il nuovo mood per le strategie di digital marketing

24 Gen , 2021,
esseti
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Quanto conviene concentrare le strategie di posizionamento e indicizzazione verso motori di ricerca alternativi a Google?

Fuga da WhatsApp, critiche alle violazioni privacy del mondo Google, tecnologia pervasiva, profilazioni e Social.

Non lo avremmo mai pensato quando nel 2018 il GDPR imponeva ufficialmente di dare maggiore attenzione alla questione della privacy, per ovvi motivi sanzionatori, ma forse oggi sta diventando una nuova opportunità di mercato.

Sembra che il mercato stia allestendo un nuovo scenario o semplicemente stiamo assistendo al cambiando delle regole del gioco.

Se fino ad ora l’attenzione degli strumenti di indicizzazione e posizionamento verso le alternative Google &Co.  poteva essere una strategia efficace per esigenze di nicchia, ora il vento sta cambiando e potrebbe diventare invece una strategia vincente per tutti, per posizionarsi in un mercato, per così dire, privacy care.

Ridurre la concorrenza sfruttando la sensibilità verso la protezione dei dati può diventare una combinazione davvero eccezionale per rivedere le strategie di  comunicazione e marketing.

Fin’ora si è discusso molto del conflitto tra privacy e marketing. Ma forse ora la svolta vincente è utilizzare la privacy per fare marketing

La nuova “filosofia digitale”

Almeno in Europa, il GDPR sta quindi diventando il parametro di riferimento per molti motori di ricerca privacy friendly, alternativi a Google. Assisteremo dunque ad una migrazione sempre più ampia di utenti verso queste alternative così da ridimensionare il predominio di Google?

Sicuramente non assisteremo, almeno nel breve periodo, allo stravolgimento degli equilibri di mercato, visto che comunque molti di questi motori alternativi attingono ai risultati dei “grandi”, Certamente però cambierà qualcosa nei meccanismi di acquisizione, gestione e soprattutto “vendita” dei dati che comunque continueranno ad essere presenti nel web.

La questione della privacy on line è ovviamente una questione che impegnerà i grandi del web a rivedere le proprie politiche a fronte di un costante braccio di ferro con gli enti di controllo, ma anche e soprattutto per (ri)stabilire una fiducia ormai minata nei confronti degli utenti,

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Big Data e Business Intelligence: Un lusso non per pochi.

27 Nov , 2015,
esseti
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Così anche le aziende italiane cercano di prendere le decisioni migliori.La crescita del mercato italiano dei Big Data Analytics.

Fonte: Osservatori.net Digital Innovation; Corriere Comunciazioni; Nòva Il Sole 24


big-data-1La competitività delle aziende, ormai non solo più delle Grandi, si gioca sempre di più intorno alla capacità di “prevedere” e “decidere” al momento giusto. Questo in sostanza il ruolo svolto dalle metodologie Big Data e Business Intelligence.

Per questo oggi il potenziale strategico della gestione aziendale è legato alla possibilità di aumentare l’efficacia nei processi decisionali.

L’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, che ha presentato di recente il rapporto annuale, indica che il mercato italiano degli Analytics vale 790 Milioni di euro, con un incremento del 14%, di cui gran parte concentrato sul Big Data Analytics.

Se da un lato le imprese italiane hanno compreso ormai l’importanza di estrarre insight dai dati, dall’altro sono ancora lontane da applicare vere e proprie strategie di data driven. La partita sarà quindi rilevante su come sia possibile utilizzare al meglio la “materia prima” o il “semi lavorato”, ovvero decidere se applicare sistemi di gestione dei dati in forma strutturata o destrutturata.

Si può dire ormai che ci stiamo avviando verso l’era in cui la vera ricchezza non è costituita più dalle risorse materiali e finanziarie generate o realizzate, ma dalle informazioni raccolte. Maggiori sono le fonti informative disponibili, maggiore è la possibilità di ridurre i margini di errore nelle decisioni. Le aziende italiane comprendono ormai che gli Analytics rappresentano una fonte di vantaggio competitivo e uno strumento di evoluzione del modello stesso di impresa. Ma come utilizzare al meglio le motodologie per gestirle?

L’indagine dell’Osservatorio indica che l’orientamento prevalente (84% del campione analizzto) è verso l’utilizzo dei dati strutturati, ma in previsione saranno sempre più rilevanti quelli destrutturati. Probabilmente i contesti di applicazione giocheranno un ruolo importante in questo senso, così come l’organizzazione aziendale e le professionalità coinvolte.

Nei risultati della ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School Management del Politecnico di Milano* (www.osservatori.net) emerge come “Le imprese e la pubblica amministrazione siano ormai consapevoli che quanto il patrimonio di dati permetta di estrarre preziosi suggerimenti per ottimizzare le decisioni future. Tuttavia, oggi è il momento di evolvere da preziose ‘insight’ basate sui dati ad una sistematica strategia ‘data-driven’ che permetta di acquisire vantaggio competitivo e di monetizzare servizi a valore aggiunto basati sull’analisi dei dati” . Così commenta Carlo Vercellis, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence.

Ecco che diventa necessario un percorso di “evoluzione delle organizzazioni verso un approccio integrato, quello che abbiamo chiamato Big Data Journey” avverte Alessandro Piva, Responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics e Business Intelligence . “Serve una pianificazione strategica con una visione di lungo periodo, la ricerca di competenze e modelli di governance innovativi, nuovi approcci tecnologici e nuove modalità di gestione dei dati”

Si tratta ormai di un orientamento che tutte le imprese devono in qualche modo seguire, non solo un “lusso” per medio-grandi aziende, quindi. Le attuali condizioni di mercato, le nuove opportunità tecnologiche e le spinte anche di politica economica dovranno spingere le PMI a sperimentare e ad investire di più e meglio in questi sistemi che, per il management d’azienda, diventano vere e proprie “librerie” di conoscenza aziendale interna ed esterna.

Il 26% delle organizzazioni si è dotata di un Chief Data Officer, il 30% ha nel proprio organico figure di Data Scientist, anche se la responsabilità degli Analytics in maggioranza resta al CIO o altro decisore IT.

In base ai dati emersi, la funzione aziendale che utilizza maggiormente soluzioni di Analytics si conferma quella del marketing & vendite (77%), seguita da amministrazione, finanza e controllo (76%), sistemi informativi (60%), acquisti (55%), produzione (44%), supply chain (43%), risorse umane (31%), ricerca & sviluppo (20%).

Interessante riflessione si apre però sulla valutazione sull’utilizzo dei dati e sulla loro efficacia.

I dati a disposizione delle singole funzioni sono principalmente generati dalla funzione stessa (47%) o da altre aree aziendali (37%), mentre solo il 16% proviene da fonti esterne. Gli strumenti di analisi dati più utilizzati sono quelli di visualizzazione dati e informazioni (65%) e quelli per la produzione di reportistica (68%). Solo il 19% ritiene che le soluzioni di analisi dei dati forniscano un supporto efficace alle proprie necessità, mentre il 40% giudica il supporto appena sufficiente, il 25% nullo, il 16% pensa che siano troppo numerose ed eterogenee.

Per cogliere appieno le opportunità offerte dagli Analytics, sempre più organizzazioni stanno introducendo nuovi ruoli di governance, come il Chief Data Officer – presente oggi nel 26% delle organizzazioni – o nuove figure professionali come il Data Scientist – presente nel 30% -, anche se nella maggior parte dei casi queste figure non sono non ancora codificate formalmente.

Rispetto allo scorso anno, vi è una crescita notevole della diffusione di queste figure, a conferma di una maggiore maturità e consapevolezza delle aziende. Ad oggi, tuttavia, il responsabile delle attività di controllo e gestione dei sistemi di Analytics si conferma essere il CIO o un IT decision maker nel 52% delle organizzazioni, mentre nel 22% è il Business intelligence manager. I casi in cui la responsabilità è in mano al Chief Data Officer o a un Data Scientist sono marginali (4%).

E’ chiaro quindi che il quadro degli investimenti futuri delle aziende (+44% previsto per il 2016) sarà sempre più orientato verso questi orizzonti, sia in termini di tecnologie da implementare che di risorse umane impiegate. Le competenze per la gestione dei Big data sono ritenute la sfida organizzative più rilevante per la trasformazione digitale delle imprese nell’anno in corso secondo il 22% dei CIO.

La ricerca ha coinvolto dell’Osservatorio, ha coinvolto 91 Cio, Responsabili IT e 160 c-level di altre funzioni di medie e grandi organizzazioni, e ha analizzato oltre 100 player dell’offerta tramite interviste dirette o fonti secondarie.

Le iniziative di Business intelligence sono ampiamente diffuse tra le aziende italiane (nel 48% delle aziende analizzate sono già utilizzate a regime) mentre molto più rari sono i sistemi di Big Data per cui non ci sono ancora progetti avviate per la maggior parte del campione analizzato (56%)

Analizzando gli ambiti applicativi di Analytics si possono identificare diversi livelli di maturità:

  • In crescita: molto diffusi e con interesse potenziale alto, il CRM analytics (presente nel 56%), finance & accounting analytics (52%), top management dashboard Solutions (41%);
  • Emergenti: poco diffusi ma con interesse potenziale elevato, e-commerce analytics (18%), customer experience analytics (11%), Social & Web analytics (7%);
  • Nicchie: di particolare interesse per alcuni settori, come Security analytics (8%), telcommunication analytics (8%), transportation analytics (2%);
  • Consolidati: con buoni tassi di diffusione ma tassi di crescita limitati, come Supply chain analytics (29%), Human Resources analytics (26%), production planning & Sales (26%).