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Il lavoro ai tempi dello smart working

25 Mar , 2020,
esseti
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Una serie di strade aperte su cui riflettere e orientare le future scelte strategiche.

L’impatto sociale e il ruolo della tecnologia

E finalmente quasi tutti conobbero lo “Smart Working”….

Non è una storiella ma la realtà che abbiamo o stiamo vivendo tutti.

In realtà è già da tempo che  questo modo di lavorare viene praticato in molte aziende italiane.

Quelle che hanno potuto applicare questo modello non necessariamente avevano acquisito capacità tecnologiche particolari, ma hanno sicuramente sviluppato e acquisito un modello organizzativo e manageriale adatto all’applicazione di questa modalità lavorativa.

Certo che l’emergenza attuale data dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19 ha allarmato molte Aziende sul fronte dell’infrastruttura e degli strumenti necessari ad organizzare, o meglio, riorganizzare il lavoro dei propri dipendenti.

E su questo aspetto c’è poco da fare. Se non ci sono gli strumenti è inutile già affrontare il problema.

Questo però non è il problema, per fortuna.

 

La tecnologia così pervasiva nelle nostre vite, ormai da diverso tempo, non è stata però ancora capace di convincere molte imprese a rivedere il modo di pensare il “rapporto di lavoro”.

In effetti pensare che la tecnologia ci inviti a ripensare e riflettere su alcuni nostri modelli di vita può sembrare presuntuoso se non addirittura minaccioso.

Bisogna pensare invece a come la situazione sconvolgente che stiamo vivendo oggi, ci impone di riflettere sulle sfide che ci vengono dettate dalle crisi.

Come diceva infatti Einstein  

È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.

Ed è proprio la tecnologia stessa che ci sfida. Ci sfida a confutare le sue supposizioni. E questa è una capacità umana e non tecnologica.

In questi giorni non sono infatti mancante polemiche, discussioni e scetticismi attorno a questo tema. Abbiamo visto le difficoltà delle persone che hanno dovuto stravolgere da un giorno all’altro la propria abitudine lavorativa, molte imprese strutturalmente impreparate a giocare la partita su questo nuovo campo, le sollevazioni politico-sociali sulle modalità di “controllo” del lavoro remoto.

Anche lo stesso termine “Smart Working”, ennesima anglosassonizzazione dei concetti, viene messo sotto accusa per l’inesattezza, inappropriatezza o addirittura incoerenza, con il quale viene usato, forse a voler spostare il focus “dal” problema perché affrontarlo è molto più difficile.

“La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare soluzioni.”, come appunto ci ricorda ancora Einstein.

Inutile incrementare il sospetto che lo smart working (continuiamo a chiamarlo così) sia una misura inapplicabile perché non si può facilmente controllare l’attività lavorativa, perché lavorare senza essere suscettibili di una verifica visiva real time comporti una inevitabile perdita di efficienza o peggio una falsa rendicontazione di attività.

Non è importante quanto tempo viene dedicato al lavoro, ma gli obiettivi che si riesce a raggiungere impiegando possibilmente meno tempo e risorse di quelle che si potrebbe prevedere.

L’aiuto della tecnologia dovrebbe essere questo. O almeno quello che noi dovremmo tirar fuori dalla tecnologia.

Applicare questo nuovo modello di lavoro significa adottare nuovi modelli organizzativi, essere capaci di individuare quei processi e quelle attività che effettivamente possono adattarsi a questo modello, sviluppare una cultura lavorativa ben lontana dalla classica visione ore/salario.

Una visione che deve essere acquisita sia dai lavoratori che dai datori di lavoro.

E’ bene ricordare poi che il nostro ordinamento disciplina il LAVORO AGILE , come modello adottato per incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro

Un lavoro che può essere organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici

 Le tutele contrattuali non sono modificate rispetto all’attività svolta tradizionalmente e sono espressamente previste modalità di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori oltre alla messa a disposizione di eventuali strumenti tecnologici previsti per lo svolgimento dell’attività. Secondo la Legge 81/2017 il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore.

Le cosiddette modalità di controllo, sono definite necessariamente con accordo tra le parti (dipendenti e datore di lavoro) con indicazione delle fasce orarie di disconnessione.

E’ chiaro allora come l’improvvisa applicazione di una modalità non precedentemente concordata, determini perplessità e interrogativi, soprattutto perché si è chiamati  a svolgere un processo di lavoro e un’organizzazione delle fasi operative ben diverse da come venivano svolte un giorno prima.

Non sappiamo ancora se la terapia d’urto condurrà alla scoperta o alla realizzazione di grandi strategie di cui parlava Einstein, ma sicuramente potremmo vedere presto un nuovo modo di approcciare il rapporto di lavoro, dove responsabilizzazione, motivazione e autonomia saranno sicuramente più rilevanti.

La Legge 81 del 2017 – Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato

Le opportunità e le strategie da cogliere tra sicurezza e professionalità

Gli aspetti da considerare sui quali riflettere sono però molteplici e senza dubbio uno dei principali è quello legato alla Sicurezza dei Dati.

Penso che questo sia l’aspetto più interessante e più aderente all’attuale realtà, collegato all’applicazione del lavoro agile in maniera sempre più ampia e diversificata.

Le aziende travolte dall’emergenza in atto, potrebbero non aver prestato la dovuta attenzione agli aspetti legati alla cyber security e protezione dati personali.

Questo ovviamente è legato ad un fatto contingente e imprevisto.

Ma il problema esiste e anzi deve essere sicuramente gestito in un contesto di normale applicazione, come probabilmente si potrebbe verificare in un imminente futuro.

Non basta quindi la realizzazione dell’infrastruttura tecnologica ma serve anche un investimento aziendale legato alle misure di sicurezza, sia sul alto organizzativo che delle responsabilità.

In sintesi sarà necessario considerare almeno:

Le misure relative alla sicurezza dei sistemi utilizzati da remoto;

Le politiche delle organizzazioni per l’applicazione del lavoro agile;

Le misure a carico del lavoratore agile.

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Le Aziende che già erano organizzate con questa modalità lavorativa, hanno dotato i dipendenti di applicativi pronti per l’applicazione remota, in una logica perfettamente integrata con l’intera gestione aziendale, messo a punto dispositivi telefonici virtuali (software) adeguati allo scopo, o utilizzato  portali per la gestione del tempo lavorativo (rilevazione presenze, ecc.), in un contesto gestito in modo formalmente ineccepibile.

Tuttavia sarà inevitabile mettere a punto un sistema organizzativo che oltre alla creazione della struttura sia in grado di mantenerne l’operatività e garantirne al continuità.

Solo così possono poi essere migliorati e messi a punto tutti gli altri aspetti di monitoraggio anche sul fronte della sicurezza.

E’ quindi un problema non indifferente, quello che si è venuto a creare in questi giorni  con la spinta ad utilizzare l’attività in smart working senza però avere idea di come affrontare in modo serio la questione nel suo complesso, mettendo di fatto a rischio i dati aziendali.

Se i dipendenti si trovano ad utilizzare i loro dispositivi personali per accedere ai Sistemi aziendali si apre un rischio che potrebbe essere molto più oneroso della momentanea interruzione delle attività lavorative.

Banalmente, l’accesso ai sistemi aziendali, include le connessioni di rete (ADSL, WiFi, ecc.)  che magari restano impostate dagli utenti privati, sui parametri standard (incluse le password amministrative, disponibili con una semplice ricerca su Google).Inoltre può succedere che  non si adottano (o non in maniera adeguata) sistemi antivirus/antimalaware  e si sottovalutano i piccoli rischi normalmente connessi alla navigazione in rete e accettati con ingenuità (accesso a siti pericolosi, download, ecc.).

Per evitare quindi questi primi evidenti rischi di sicurezza, l’attivazione di una connessione VPN è il primo protocollo da adottare per realizzare quel canale di comunicazione “sicuro” tra il dispositivo remoto e l’azienda, attraverso il quale si accede direttamente agli applicativi ed ai dati aziendali.

Ciò richiede competenza e attenzione e non può essere improvvisato.  Mettere in collegamento diretto il dispositivo remoto col sistema informativo aziendale significa anche minimizzare  o tenere sotto controllo il rischio ad esempio che un software malevolo infetti il dispositivo remoto e da qui l’intero sistema aziendale.

Primo passo essenziale è quindi quello di definire e condividere un regolamento/procedura aziendale sull’applicazione del lavoro agile nel rispetto dei principi collegati con le normative di riferimento (lavoro e privacy).

E’ evidente poi che tutte le risorse umane coinvolte nell’applicabilità di questa forma di lavoro, siano dotati di mezzi e dispositivi a uso aziendale opportunamente configurati e gestiti secondo norme di sicurezza idonee e coerenti con le diverse responsabilità identificate in maniera chiara e regolamentata a priori.

Sarà quindi opportuno attivare un piano di lavoro condiviso per sapere “chi fa, che cosa” alla luce di un cronoprogramma comune, facilitato magari dall’uso di strumenti (es. Microsoft Outlook, o Google Calendar, ecc) tali da consentire da un lato la pianificazione del lavoro, e dall’altro la visibilità di ciascuno, coinvolto da remoto.

Ciò che infine è fondamentale è la presenza di figure essenziali di coordinamento delle attività dei gruppi che lavoro in modalità “smart working”. In questo contesto il lavoro di gruppo e le capacità di gestire e organizzare il gruppo è la chiave di volta per il suo funzionamento.

Organizzare un processo di lavoro efficace e produttivo a distanza richiede una capacità specifica per alcuni aspetti molto diversa da quella applicabile in un ambito tradizionale in presenza.

Anche questo aspetto sarà sicuramente uno degli skills professionali che probabilmente nel prossimo futuro verrà richiesto da molte imprese.

Emergenza coronavirus può insegnare.

GAP TECNOLOGICO? PER IL CYBERCRIME E’ SEMPRE UN VANTAGGIO. LA PAROLA D’ORDINE E’ SAPERSI DIFENDERE.

8 Nov , 2019,
esseti
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Le criticità legate alla maggiore o minore diffusione delle nuove tecnologie, il ruolo della digitalizzazione e della sempre più capillare invasione delle connessioni nelle nostre vite, non è un fattore da demonizzare, se si è consapevoli di quello che significa.

Cyberdefence e digitalizzazione

Questo è un primo e significativo aspetto di cui dobbiamo sempre tenere conto, nell’affrontare con il giusto approccio il tema dell’innovazione e della digitalizzazione, ormai elemento cardine della nostra società e della nostra economia.

E’ quanto è emerso anche in occasione del dibattito, promosso dalla Camera di Commercio di Arezzo e Siena attraverso l’azienda speciale Arezzo Sviluppo, svolto giovedì 7 novembre 2019 presso la sede della Banca d’Italia Sede di Arezzo e in collaborazione con Confindustria Toscana Sud, Punto Impresa Digitale e Clusit.

Nel dibattito si sono confrontati esperti e protagonisti del mondo imprenditoriale, del sistema associativo e delle istituzioni, impegnate su vari fronti a gestire il tema della sicurezza informatica o Cyber Defence.

Da una prima panoramica della situazione del sistema economico-produttivo  locale  sul fronte della digitalizzazione – spiega Giuseppe Salvini, Segretario Generale Camera di Commercio di Arezzo e Siena emerge ancora un freno significativo da parte delle piccole e micro imprese ad investire in una vera trasformazione digitale dei processi produttivi e organizzativi.

Questo elemento ha riflessi negativi sulla produttività delle nostre imprese ma anche sulla capacità di coinvolgere risorse umane con competenze in grado di gestire questo necessario cambiamento.

Tuttavia la mancanza di un coinvolgimento completo nel sistema della digitalizzazione costituisce esso stesso un fattore di rischio.

Nell’analisi complessiva degli interventi è stato infatti evidenziato – Sabina Di Giuliomaria, Responsabile Divisione CERTBI e  Garibaldi Conte, Comitato Scientifico Clusit – che se da un lato è opportuno, necessario e irrinunciabile, comprendere quanto sia ormai rilevante la tecnologia nella nostra realtà e soprattutto nel nostro futuro, dall’altro dobbiamo acquisire sempre più  consapevolezza (awareness) per regolare e proteggere questo nuovo mondo.

L’impatto sullo sviluppo industriale, sulla produzione, sulla mobilità, sulla salute e quindi su tutta la nostra vita quotidiana di crimini informatici, di sabotaggi, di malware introdotti nei sistemi informativi e di tante altre minacce illustrate nel dettaglio dal rapporto CLUSIT 2019, sarà tanto maggiore quanto minore è l’attenzione del sistema economico e sociale al tema della protezione.

Fabrizio Bernini, Presidente Confindustria Toscana Sud Delegazione di Arezzo e Presidente Zucchetti Centro Sistemi Spamette ben in evidenza la necessità da parte del sistema produttivo di essere coinvolta pienamente nel processo di digitalizzazione, ma sottolinea anche che l’atteggiamento verso l’innovazione deve essere configurato all’interno di un quadro di protezione efficace del sistema stesso. Se pensiamo soprattutto al ruolo dell’Intelligenza Artificiale possiamo misurare bene quanto sia rischioso incorrere in  una ”interferenza indesiderata”  ad es. su un auto a guida autonoma o su un dispositivo medico salvavita.

Conquistare il mercato con un prodotto o servizio innovativo non basta. Serve soprattutto sapersi difendere dal suo utilizzo improprio

Sul fronte normativo le Istituzioni più importanti a livello nazionale ed europeo, cercano di stabilire delle regole di salvaguardia che partano dalla tutela delle persone e in particolare dalla tutela dei dati personali.

Questo primo sistema di protezione cerca quindi di responsabilizzare il sistema economico verso la gestione dei dati delle persone, ma le persone sono parte dello stesso sistema economico.   Stefano Susini, Amministratore di Esseti Servizi Telematici evidenzia infatti  come i rischi di Data Breach alle quali le imprese sono sempre più esposte, non solo costituisce un danno economico sotto il profilo del blocco produttivo, della perdita di informazioni necessarie per la gestione aziendale  o della perdita dei clienti, ma anche una reale perdita monetaria dovuta alle sanzioni significative da versare in caso di riscontrata responsabilità nel non aver definito un adeguato sistema di protezione.

Favorire la crescita del sistema economico  e il miglioramento delle condizioni di vita della nostra società attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali e delle loro applicazioni è senza dubbio un aspetto positivo al quale è impossibile sottrarsi.

Ma proprio per questo è necessario mettere in campo tutto quanto necessario, con consapevolezza e con  massima efficacia, per regolare e difendere questo contesto.

Industria 4.0. Dove siamo e dove andremo?

17 Ott , 2018,
esseti
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Non solo investimenti per la digitalizzazione ma soprattutto competenze e sinergie. Questi i focus emersi all’evento Industry 4.0 organizzato da Digital 360 Group.

Si è svolto ieri a Roma, l’evento organizzato da Digital 360 Group e Agenda Digitale sul tema Industry 4.0, programma ormai noto al mondo economico e industriale mirato a sostenere lo sviluppo della nuova rivoluzione industriale dell’era digitale.

Nonostante i due anni trascorsi siano ancora pochi per valutare effetti e risultati di questo impatto, sono senz’altro tempi strettissimi quelli che invece impegnano le imprese ad analizzare il continuo evolversi delle tecnologie e delle sue applicazioni.

L’evento ha messo a confronto il mondo imprenditoriale, accademico e della ricerca e quello istituzionale, per individuare strategie e strumenti utili a cogliere tutte le opportunità di cui il nostro sistema produttivo ha ancora bisogno e soprattutto per gestire in maniera efficace l’economia 4.0.

Due i tavoli di confronto: il primo ha puntato l’attenzione sullo stato dell’arte in Italia, su come le imprese si stanno muovendo in funzione delle  esigenze emerse e a cui si richiede una risposta. Il Secondo, che ha coinvolto maggiormente le parti istituzionali, era orientato ad indicare le priorità politiche e gli obiettivi  dei prossimi interventi a sostegno della trasformazione nel nuovo modello industriale.

Il punto non è infatti quello di poter accedere alle nuove tecnologie – e su questo l’attuale Governo mantiene la rotta segnata dal Governo precedente, nel confermare sostanzialmente gli incentivi  agli investimenti – ma piuttosto quello di saper gestire il cambiamento organizzativo dettato dalla modifica dei processi produttivi e non solo.

Per questo uno dei temi caldi affrontati è stato proprio quello delle competenze.

Dopo l'investimento in macchinari e tecnologia, la strategia è e deve essere sul tema della formazione, è fondamentale l'integrazione tra "vecchio" know how e nuovo know how per continuare produrre ma in maniera ottimizzata
Alberto dal Poz
Presidente, Federmeccanica
Dobbiamo lavorare sul capitale umano (risorse e competenze), con gli incentivi è stato iniziato un percorso ma è e deve essere un lavoro continuativo. Supporto importante da parte della filiera
Carlo Robiglio
Presidente Piccola Industria e Vice Presidente Confindustria

Mai come oggi la visione di un necessario cambiamento “culturale” nella visione di impresa,  risulta essenziale e condiviso da tutti gli analisti e stakeholder.

Limitare il focus al termine “industria” risulta già troppo riduttivo.

Per questo si preferisce utilizzare il termine “impresa” 4.0, a significare che non si può pensare che l’innovazione produttiva sia la sola e definitiva soluzione per un miglioramento organizzativo a garanzia allo sviluppo del sistema economico.

La rivoluzione non è industriale ma di impresa nel suo complesso. Deve investire l’intera organizzazione e quindi tutte le risorse umane.

Il problema delle competenze non riguarda solo la carenza di figure idonee a gestire l’impiego di strumenti e macchinari evoluti, quanto piuttosto la necessità di coinvolgere figure professionali impiegate in tutti i livelli dell’organizzazione, soprattutto a partire dal managment.

Marco Perona – Professore Ordinario – Università di Brescia e Socio Fondatore, IQ Consulting, ha evidenziato le differenze di coinvolgimento delle risorse Umane all’interno del processo 4.0 (dati del periodo 2016-2017)

Sono proprio le Funzioni Manageriali  – Amministrazione, Risorse Umane in primis – ha risultare  quasi completamente estranee a questo coinvolgimento.

Questo dato appare senza dubbio allarmante perché indica una forte carenza di “visone” complessiva e sistemica dell’imprenditoria italiana ad accogliere, se non a prevedere, la vera innovazione che consente il necessario salto di qualità.

In questo contesto di analisi si è discusso anche del ruolo delle figure tecniche, punto dolente del nostro sistema di istruzione e formazione, che restano ancora incagliate in un sistema inadempiente e incoerente con le dinamiche effettive del mercato.

L’istituzione degli ITS , mirati proprio a generare un’offerta adeguata a questa domanda, resta ancora arginata ad un sistema non efficace, sul quale comunque il Governo di chiara di volere lavorare per migliorare  e potenziare questo canale.

Come è emerso soprattutto nel dibattito che ha coinvolto in particolare il mondo imprenditoriale, ma anche quello accademico,  questo è però solo uno degli ostacoli da superare. Serve un cambio di passo per la crescita di competenze che vanno oltre le abilità tecniche.

Serve una revisione degli obiettivi di investimento delle imprese che non possono prescindere dal riservare importanti fette di budget all’area organizzativa e manageriale includendo anche investimenti materiali mirati a gestire la digitalizzazione complessiva dell’organizzazione non solo in termini produttivi, ma in termini di processi di controllo, monitoraggio e data analysis.

Da qui è emerso un’ulteriore tema significativo, ovvero quello della Cybersecurity e della gestione complessiva della sicurezza dei dati aziendali come ha evidenziato soprattutto Andrea Muzzi – Sales Engineer, F-Secure Corporation Italia

Il pensiero deve essere quello di definire strategie di gestione della sicurezza e non quello di intervenire in caso di.

Le ragioni dei molti problemi rilevati sono ovviamente riconducibili alle caratteristiche tipiche del nostro sistema industriale .

Prima fra tutte le dimensioni delle nostre imprese, per il 90% collate nella Media e Piccola dimensione.

E uno degli obiettivi preposti è quello appunto di far crescere le dimensioni delle imprese. Sia come opportunità di business che come sviluppo organizzativo.

Il ruolo delle numerose Start up e la possibilità di creare sistema con le imprese più dimensionate è un obiettivo molto sentito  dai vari relatori, visto addirittura come unica strada direttrice per lo sviluppo.

In questo si vede anche la necessità di rafforzare gli strumenti di sostegno al sistema della filiere produttive, alle caratterizzazioni produttive del nostro paese che sono eccellenze uniche al mondo – manifattura e meccanica in primis –  e che sono il vero volano dell’intera economia.

Bisogna orientarsi verso un prodotto nato già su piattaforma e legato al dato, ma soprattutto dobbiamo fare un cambio di passo e crescere, passando da imprese piccole a medie e grandi. Questo è il momento in cui gli obiettivi del Piano devono essere arricchiti, va aperto in primis a più imprese innovative coinvolgendole direttamente
Giovanni iragliotta
Co-direttore dell'Osservatorio Industria 4.0, Politecnico di Milano

La digitalizzazione e le nuove applicazioni tecnologiche hanno in se la possibilità di “integrare” i sistemi, e possono quindi stimolare e sostenere una vera politica di sviluppo delle filiere, generando quindi input di crescita per le aziende che sono in grado di essere coinvolte nel sistema , ancorchè piccole ma dotate di capacità innovativa e competenze orientate all’innovazione.

Tanti nodi quindi ancora da sciogliere e su cui lavorare.

Presentiall’evento a rappresentare il Governo, Marco Bellezza – Consigliere giuridico della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Stefano Firpo – Dirigente Generale, Ministero Sviluppo economico. 

Entrambi hanno confermato il ruolo di sostegno a questo modello industria 4.0 indicando le priorità a cui intendono puntare, come la diffusione di tecnologie AI e Blockchain, sostenere il sistema PMI e intervenire nel canale dell’istruzione tecnica superiore per adeguarlo e migliorarlo in risposta alle effettive esigenze professionali.

C'è anche la formazione, importantissima, dove bisogna trovare una forma di coerenza tra le diverse lauree professionalizzanti. Bisogna lavorare bene sulla filiera, le tecnologie abilitanti tipo Blockchain, IoT
Stefano Firpo
Dirigente Generale, Ministero Sviluppo economico
C'è massima attenzione da parte del Governo verso i temi dell'innovazione, ma la loro giusta veicolazione è compito anche del servizio pubblico.
Marco Bellezza
Consigliere Giuridico del Vice Presidente del Consiglio

Contributi alle PMI dalle Camere di Commercio per gli investimenti in I4.0

11 Ott , 2018,
esseti
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C'è tempo fino al 30 novembre per presentare le richieste di contributo per spese in consulenza e formazione

spese voucher digitali

Nell’ambito delle iniziative promosse dal Ministero dello Sviluppo Economico relative a “Piano Nazionale Industria 4.0 – Investimenti, produttività ed innovazione” le Camere di Commercio hanno attivato una specifica iniziativa approvata sempre dal MISE denominata Progetto “Punto Impresa Digitale” (PID), diretta a promuovere la diffusione della cultura e della pratica digitale nelle micro, piccole e medie imprese di tutti i settori economici.

Si tratta di Bandi specifici  rivolti alle PMI iscritte alle Camere di Commercio nel proprio ambito territoriale, con i quali è possibile richiedere un contributo per avviare attività di formazione e/o consulenze professionali necessarie per adeguare i processi organizzativi e produttivi aziendali, alle tematiche della digitalizzazione.

I Bandi rientrano nel quadro dei Contributi digitali I4.0 – Misura B – Anno 2018 attivati dalle sedi territoriali delle Camere di Commercio.

Scarica il Disciplinare della CCIAA di Siena

Scarica il Disciplinare della CCIAA di Prato

I Termini per presentare le richieste scadono il prossimo 30 Novembre

Requisiti

PMI aventi sede legale e/o unità locali nella propria  circoscrizione territoriale della Camera di Commercio, e in regola con il pagamento del diritto annuale

Le risorse complessivamente stanziate sono definite dalle singole Camere di Commercio.

Il valore massimo di contributo che può essere richiesto  è comunque di € 7.000,00 e dovrà coprire il 70% dell’importo complessivo delle spese ammesse ed effettivamente sostenute oltre la premialità di cui all’art. 13 del disciplinare (definito dalle singole CCIAA), relativo al rating di legalità. Per essere ammessi al contributo i progetti devono superare un importo minimo di € 3.000,00

Servizi di consulenza relativi ad una o più tecnologie tra quelle previste all’art. 2 del Disciplinare erogati dai fornitori descritti nella “Scheda” e le spese per formazione esclusivamente se essa riguarda una o più tecnologie tra quelle previste dall’art. 2, comma 4, Elenco 1, della parte generale del Disciplinare

Le domande possono essere presentate dal 23/07/2018 al 30/11/2018 secondo quanto specificato dai singoli Bandi e dalle procedure indicate dalle Sedi territoriali a cui l’impresa deve fare riferimento.

Si tratta comunque di inviare la documentazione secondo procedure digitalizzate (posta certificata), con sottoscrizione digitale o autografa, accompagnata dal documento d’identità del legale rappresentante dell’impresa richiedente

Contributi PMI I4.0 consulenza e formazione

Sei interessato a presentare la tua domanda?

Contattaci subito per individuare i servizi di consulenza e formazione che possiamo offrirti.

Possiamo assisterti anche nella redazione del Progetto e nella presentazione della domanda alla Camera di Commercio del tuo ambito territoriale.

Gestire la sicurezza con gli strumenti giusti

4 Ott , 2017,
esseti
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Come prepararsi a gestire al meglio la sicurezza in azienda

Strumenti per gestire la sicurezza in aziendaAssicurare alla gestione aziendale un sistema in grado di garantire la continuità delle attività in caso di eventi dannosi o predisporre un sistema di monitoraggio e controllo dei dati in maniera strutturata, sono ormai priorità essenziali per una efficace gestione aziendale e requisiti necessari per adempiere a specifici requisiti normativi.

Sappiamo ormai che l’imminente applicazione del nuovo regolamento europeo in materia di protezione dei dati (GDPR), richiede una predisposizione dei sistemi, delle competenze e delle strutture informative, adeguate a sostenere un standard specifico per la corretta gestione dei dati.

Uno dei pilasti principali dell’applicazione del nuovo regolamento indica infatti l’esigenza di definire un sistema di privacy by design, in cui la gestione della sicurezza non deve essere più un intervento ex-post ma un vero e proprio sistema di strumenti operativi e di processi di gestione adeguatamente progettati e applicati.

Ciò non ha implicazioni solo sulle modalità di gestione dei dati, ma anche ovviamente sugli strumenti che devono essere predisposti per assicurare un processo di adeguata protezione e gestione.

Soluzioni per la gestione della Sicurezza

Esseti si affida ai produttori leader sul mercato per offrire ai propri Clienti soluzioni in grado di assicurare la continuità operativa in maniera flessibile, sicura e in linea con le prescrizioni normative.

Operare in sicurezza significa infatti garantire

  • il regolare utilizzo delle informazioni,
  • massimizzare l’efficacia della elaborazione e gestione dei dati aziendali
  • assicurare procedure ottimali per la conservazione o eliminazione dei dati secondo il rispetto dei regolmenti in materia di privacy e sicurezza

I nostri servizio di Consulenza e di Assistenza Tecnica sono mirati proprio a supportare le Imprese nella scelta degli strumenti più idonei ad assicurare questi obiettvi e a realizzare un efficace sistema di controllo e monitoraggio.

Gestione delle presenze e rilevazione accessi

12 Mar , 2017,
esseti
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L’investimento per la digitalizzazione passa anche dall’impiego di hardware e software per rilevazione presenze e controllo accessi

L’utilizzo di sistemi automatizzati per gestire le presenze del personale e automatizzare gli accessi delle aree aziendali è uno degli investimenti che possono fornire immediato vantaggio alla gestione aziendale.

In tempi di ristrettezza economica e ferrei controlli di gestione, la Rilevazione delle Presenze è uno strumento indispensabile ed essenziale per una buona e corretta gestione dei propri collaboratori.

Questi strumenti permettono di reperire una serie di informazioni per alimentare i sistemi trasversali che l’Azienda utilizza nella sua gestione quotidiana (ad esempio i programmi di contabilità industriale).

In altre parole è possibile controllare, registrare, inviare,  gli accessi eseguiti,  gli orari d’ uscita, i permessi ecc. nell’ottica dell’ottimizzazione dei cicli produttivi aziendali.

Per questo è importante affidarsi a produttori che hanno da sempre posto al primo posto l’ osservazione e l’ascolto delle esigenze dei clienti, studiato, confrontato e tradotto in prodotto d’alta qualità tali esigenze.

Noi di Esseti ci siamo affidati ad una partnership con il leader del settore, che dal 1957 opera nell’area dei sistemi di automazione dell’ufficio e ha prodotto il primo Programma Italiano di Rilevazione Presenze

La tecnologia che proponiamo con i prodotti CRONOS  e che mantiene ottime dinamiche in materia di costi, è quella dell’RFID (prossimità a radiofrequenza),sia per le applicazioni industriali che per quelle civili.

Possiamo fornire una serie di prodotti hardware e software tra i più moderni ed efficienti, ponendo la massima cura e attenzione verso qualsiasi tipologia di Azienda, dalla piccola alla media, grande Impresa.

 

Sistemi per la gestione delle presenzeCronos ha sempre guardato all’innovazione e ogni suo prodotto, integra le più avanzate tecnologie hardware e software disponibili.

Tra queste Internet e Web, tecnologie con le quali Cronos ha sviluppato soluzioni software “Web-based” integrate di Rilevazione Presenze, Controllo Accessi, raccolta dati in genere.

Sistemi duttili, semplici da utilizzare, dal design accattivante, discreto e mai invaviso.
Tecnologia innovativa, qualità dell’assistenza e rapidità nella fornitura e nel supporto.

Conattaci per individuare le soluzioni adatte alla tua Azienda. Il team di Esseti è a tua disposizione!

Soluzioni e Servizi – Soluzioni per la Aziende >>

 

Fondi Paritetici Interprofessionali: competenze professionali per la competitività

1 Lug , 2015,
esseti
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images2Finanziare la formazione del personale attraverso l’utilizzo dei fondi interprofessionali.

Fonti: legge 388 del 2000, Circolare INPS n. 71 del 2 aprile 2003 modificata dalla Circolare n. 107 del 1 ottobre 2009

I Fondi Paritetici Inteprofessionali nazionali, per la formazione continua sono organismi di natura associativa promossi dalle organizzazioni di rappresentanza delle Parti Sociali a cui le aziende possono liberamente iscriversi richiedendo all’INPS che venga loro trasferito il versamento obbligatorio dello 0,30% per ogni dipendente che dal 2004 ogni azienda versa.

La raccolta dei versamenti da parte dei Fondi  hanno la finalità di stanziare risorse per la formazione dei dipendenti aziendali, attraverso specifici Avvisi a cui le Aziende possono partecipare.

L’iscrizione ad un Fondo interprofessionale consente quindi alle aziende di richiedere contributi per finanziare la formazione dei propri dipendenti.

Esistono due modalità per accedere ai finanziamenti:

  • Voucher formativi individuali che possono essere utilizzati per l’iscrizione a percorsi formativi interaziendali;
  • Piani formativi aziendali finanziabili tramite Avvisi o, per alcuni fondi, ricorrendo al Conto formazione e/o individuale aziendale costituito dalle risorse accantonate.

Tutte le iniziative formative che proponiamo,  possono essere finanziabili dai Fondi Interprofessionali, direttamente tramite voucher oppure progettate ad hoc, sulla base delle specifiche richieste dell’impresa e presentate come Piano Formativo Aziendale per nome e conto dell’azienda richiedente.

Come si aderisce ad un Fondo Interprofessionale?

  • Per aderire ai Fondi Interprofessionali è necessario scegliere nella “Denuncia Aziendale” del flusso UNIEMENS aggregato (ex DM10/2), all’interno dell’elemento “Fondo Interprof”, l’opzione “Adesione” inserendo il codice del Fondo Interprofessionale e il numero dei dipendenti interessati all’obbligo contributivo.
  • L’azienda inizia ad accantonare i Fondi Interprofessionali dal mese di competenza della Denuncia Aziendale (ex DM10/2) nel quale è stato inserito il codice del Fondo Interprofessionale scelto.
  • L’adesione a un Fondo Interprofessionale è unica e non va rinnovata ogni anno.
  • L’adesione a un Fondo Interprofessionale non comporta alcuna spesa aggiuntiva per l’impresa.

Ecco un elenco dei Fondi Interprofessionali istituiti e a cui è possibile aderire, in base ai settori operativi aziendali

Fond.E.R
Fond-Artigianato
Fon.Coop
Fondimpresa
Fondo Dirigenti PMI

FAPI
FONDIR
FOR.TE
Fondirigenti
FON.TER
Fondoprofessioni
Fon.Ar.Com.
For.Agri.
Fondazienda
Fondo Banche Assicurazioni
Formazienda
Fonditalia
Fondo Formazione Servizi Pubblici

 

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