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Il lavoro ai tempi dello smart working

25 Mar , 2020,
esseti
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Una serie di strade aperte su cui riflettere e orientare le future scelte strategiche.

L’impatto sociale e il ruolo della tecnologia

E finalmente quasi tutti conobbero lo “Smart Working”….

Non è una storiella ma la realtà che abbiamo o stiamo vivendo tutti.

In realtà è già da tempo che  questo modo di lavorare viene praticato in molte aziende italiane.

Quelle che hanno potuto applicare questo modello non necessariamente avevano acquisito capacità tecnologiche particolari, ma hanno sicuramente sviluppato e acquisito un modello organizzativo e manageriale adatto all’applicazione di questa modalità lavorativa.

Certo che l’emergenza attuale data dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19 ha allarmato molte Aziende sul fronte dell’infrastruttura e degli strumenti necessari ad organizzare, o meglio, riorganizzare il lavoro dei propri dipendenti.

E su questo aspetto c’è poco da fare. Se non ci sono gli strumenti è inutile già affrontare il problema.

Questo però non è il problema, per fortuna.

 

La tecnologia così pervasiva nelle nostre vite, ormai da diverso tempo, non è stata però ancora capace di convincere molte imprese a rivedere il modo di pensare il “rapporto di lavoro”.

In effetti pensare che la tecnologia ci inviti a ripensare e riflettere su alcuni nostri modelli di vita può sembrare presuntuoso se non addirittura minaccioso.

Bisogna pensare invece a come la situazione sconvolgente che stiamo vivendo oggi, ci impone di riflettere sulle sfide che ci vengono dettate dalle crisi.

Come diceva infatti Einstein  

È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.

Ed è proprio la tecnologia stessa che ci sfida. Ci sfida a confutare le sue supposizioni. E questa è una capacità umana e non tecnologica.

In questi giorni non sono infatti mancante polemiche, discussioni e scetticismi attorno a questo tema. Abbiamo visto le difficoltà delle persone che hanno dovuto stravolgere da un giorno all’altro la propria abitudine lavorativa, molte imprese strutturalmente impreparate a giocare la partita su questo nuovo campo, le sollevazioni politico-sociali sulle modalità di “controllo” del lavoro remoto.

Anche lo stesso termine “Smart Working”, ennesima anglosassonizzazione dei concetti, viene messo sotto accusa per l’inesattezza, inappropriatezza o addirittura incoerenza, con il quale viene usato, forse a voler spostare il focus “dal” problema perché affrontarlo è molto più difficile.

“La vera crisi è l’incompetenza. Il più grande difetto delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel trovare soluzioni.”, come appunto ci ricorda ancora Einstein.

Inutile incrementare il sospetto che lo smart working (continuiamo a chiamarlo così) sia una misura inapplicabile perché non si può facilmente controllare l’attività lavorativa, perché lavorare senza essere suscettibili di una verifica visiva real time comporti una inevitabile perdita di efficienza o peggio una falsa rendicontazione di attività.

Non è importante quanto tempo viene dedicato al lavoro, ma gli obiettivi che si riesce a raggiungere impiegando possibilmente meno tempo e risorse di quelle che si potrebbe prevedere.

L’aiuto della tecnologia dovrebbe essere questo. O almeno quello che noi dovremmo tirar fuori dalla tecnologia.

Applicare questo nuovo modello di lavoro significa adottare nuovi modelli organizzativi, essere capaci di individuare quei processi e quelle attività che effettivamente possono adattarsi a questo modello, sviluppare una cultura lavorativa ben lontana dalla classica visione ore/salario.

Una visione che deve essere acquisita sia dai lavoratori che dai datori di lavoro.

E’ bene ricordare poi che il nostro ordinamento disciplina il LAVORO AGILE , come modello adottato per incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro

Un lavoro che può essere organizzato per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici

 Le tutele contrattuali non sono modificate rispetto all’attività svolta tradizionalmente e sono espressamente previste modalità di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori oltre alla messa a disposizione di eventuali strumenti tecnologici previsti per lo svolgimento dell’attività. Secondo la Legge 81/2017 il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore.

Le cosiddette modalità di controllo, sono definite necessariamente con accordo tra le parti (dipendenti e datore di lavoro) con indicazione delle fasce orarie di disconnessione.

E’ chiaro allora come l’improvvisa applicazione di una modalità non precedentemente concordata, determini perplessità e interrogativi, soprattutto perché si è chiamati  a svolgere un processo di lavoro e un’organizzazione delle fasi operative ben diverse da come venivano svolte un giorno prima.

Non sappiamo ancora se la terapia d’urto condurrà alla scoperta o alla realizzazione di grandi strategie di cui parlava Einstein, ma sicuramente potremmo vedere presto un nuovo modo di approcciare il rapporto di lavoro, dove responsabilizzazione, motivazione e autonomia saranno sicuramente più rilevanti.

La Legge 81 del 2017 – Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato

Le opportunità e le strategie da cogliere tra sicurezza e professionalità

Gli aspetti da considerare sui quali riflettere sono però molteplici e senza dubbio uno dei principali è quello legato alla Sicurezza dei Dati.

Penso che questo sia l’aspetto più interessante e più aderente all’attuale realtà, collegato all’applicazione del lavoro agile in maniera sempre più ampia e diversificata.

Le aziende travolte dall’emergenza in atto, potrebbero non aver prestato la dovuta attenzione agli aspetti legati alla cyber security e protezione dati personali.

Questo ovviamente è legato ad un fatto contingente e imprevisto.

Ma il problema esiste e anzi deve essere sicuramente gestito in un contesto di normale applicazione, come probabilmente si potrebbe verificare in un imminente futuro.

Non basta quindi la realizzazione dell’infrastruttura tecnologica ma serve anche un investimento aziendale legato alle misure di sicurezza, sia sul alto organizzativo che delle responsabilità.

In sintesi sarà necessario considerare almeno:

Le misure relative alla sicurezza dei sistemi utilizzati da remoto;

Le politiche delle organizzazioni per l’applicazione del lavoro agile;

Le misure a carico del lavoratore agile.

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Le Aziende che già erano organizzate con questa modalità lavorativa, hanno dotato i dipendenti di applicativi pronti per l’applicazione remota, in una logica perfettamente integrata con l’intera gestione aziendale, messo a punto dispositivi telefonici virtuali (software) adeguati allo scopo, o utilizzato  portali per la gestione del tempo lavorativo (rilevazione presenze, ecc.), in un contesto gestito in modo formalmente ineccepibile.

Tuttavia sarà inevitabile mettere a punto un sistema organizzativo che oltre alla creazione della struttura sia in grado di mantenerne l’operatività e garantirne al continuità.

Solo così possono poi essere migliorati e messi a punto tutti gli altri aspetti di monitoraggio anche sul fronte della sicurezza.

E’ quindi un problema non indifferente, quello che si è venuto a creare in questi giorni  con la spinta ad utilizzare l’attività in smart working senza però avere idea di come affrontare in modo serio la questione nel suo complesso, mettendo di fatto a rischio i dati aziendali.

Se i dipendenti si trovano ad utilizzare i loro dispositivi personali per accedere ai Sistemi aziendali si apre un rischio che potrebbe essere molto più oneroso della momentanea interruzione delle attività lavorative.

Banalmente, l’accesso ai sistemi aziendali, include le connessioni di rete (ADSL, WiFi, ecc.)  che magari restano impostate dagli utenti privati, sui parametri standard (incluse le password amministrative, disponibili con una semplice ricerca su Google).Inoltre può succedere che  non si adottano (o non in maniera adeguata) sistemi antivirus/antimalaware  e si sottovalutano i piccoli rischi normalmente connessi alla navigazione in rete e accettati con ingenuità (accesso a siti pericolosi, download, ecc.).

Per evitare quindi questi primi evidenti rischi di sicurezza, l’attivazione di una connessione VPN è il primo protocollo da adottare per realizzare quel canale di comunicazione “sicuro” tra il dispositivo remoto e l’azienda, attraverso il quale si accede direttamente agli applicativi ed ai dati aziendali.

Ciò richiede competenza e attenzione e non può essere improvvisato.  Mettere in collegamento diretto il dispositivo remoto col sistema informativo aziendale significa anche minimizzare  o tenere sotto controllo il rischio ad esempio che un software malevolo infetti il dispositivo remoto e da qui l’intero sistema aziendale.

Primo passo essenziale è quindi quello di definire e condividere un regolamento/procedura aziendale sull’applicazione del lavoro agile nel rispetto dei principi collegati con le normative di riferimento (lavoro e privacy).

E’ evidente poi che tutte le risorse umane coinvolte nell’applicabilità di questa forma di lavoro, siano dotati di mezzi e dispositivi a uso aziendale opportunamente configurati e gestiti secondo norme di sicurezza idonee e coerenti con le diverse responsabilità identificate in maniera chiara e regolamentata a priori.

Sarà quindi opportuno attivare un piano di lavoro condiviso per sapere “chi fa, che cosa” alla luce di un cronoprogramma comune, facilitato magari dall’uso di strumenti (es. Microsoft Outlook, o Google Calendar, ecc) tali da consentire da un lato la pianificazione del lavoro, e dall’altro la visibilità di ciascuno, coinvolto da remoto.

Ciò che infine è fondamentale è la presenza di figure essenziali di coordinamento delle attività dei gruppi che lavoro in modalità “smart working”. In questo contesto il lavoro di gruppo e le capacità di gestire e organizzare il gruppo è la chiave di volta per il suo funzionamento.

Organizzare un processo di lavoro efficace e produttivo a distanza richiede una capacità specifica per alcuni aspetti molto diversa da quella applicabile in un ambito tradizionale in presenza.

Anche questo aspetto sarà sicuramente uno degli skills professionali che probabilmente nel prossimo futuro verrà richiesto da molte imprese.

Emergenza coronavirus può insegnare.

Cloud computing novità e prospettive

30 Gen , 2017,
esseti
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Cloud ComputingSecondo le previsioni degli esperti, per il 2017 si confermeranno Leader il Cloud e l’IoT.

Secondo le analisi di Assinform-Netconsulting Cube il mercato digitale italiano (informatica, telecomunicazioni e contenuti) crescerà  dell 1,6 % nel 2017  trainato da i veri protagonisti del mercato: cloud e IoT. Come già registrato nel 2016,  per il 2017, il cloud cresce a tassi del 26%, l’IoT del 17%, il mobile business di oltre il 13% e le soluzioni per la sicurezza del 5%.

E’ in questo quadro che si elgge  positivamente una costante attenzione delle medie imprese verso al conversione sui sistemi Cluod Computing e sulla sempre più ampia interconnettività dei vari dispositivi. Anche le Piccole imprese  hanno iniziato ad affiancarsi alle grandi in chiave di trasformazione digitale della propria attività.

E’ noto che le  opportunità offerte dal cloud computing costituiscono anche un abbattimento dei costi di infrastruttura oltre che un abbattimento delle barriere d’accesso a nuove applicazioni e pay per use delle risorse. Tuttavia è importante conoscere gli aspetti legati alla gestione di questi sistemi e di questa nuova organizzazione sociale e aziendale.

Gli aspetti legati alla sicurezza e gestione dei dati ad esempio, non devono essere trascurate, così come l’integrazione dei vari sistemi esistenti e di nuova generazione.

Se intendi approfondire quindi questi aspetti per la tua ttività o per aprire nuove opportunità per la tua professione consulta il nostro catalogo di formazione e scegli il corso più adatto ai tuoi obietti!

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